O poesia
(Clemente Rebora)
biografia dell’autoreClemente Rebora (1885-1957) nasce a Milano da una famiglia ligure. Dopo essersi laureato in Lettere fa l’insegnante in scuole serali ma si dedica anche alla letteratura.
Partecipa alla Prima guerra mondiale e ne ricava un’esperienza traumatica che influenza la poesia successiva.
Riprende ad insegnare e nel 1922 pubblica i Canti anonimi traduce vari narratori russi.
Matura una crisi religiosa che lo porta nel 1931 ad entrare in seminario per poi diventare sacerdote nel 1936 durante la sua grave malattia compone i Canti dell'infermità.
poesia: O poesia del lucido versoChe l'ansietà di primavera esaltaChe vittoria dell'estate assaltaChe speranze nell'occhio del cielo divampaChe tripudi nel cuor della terra conflagra,O poesia, nel livido versoChe sguazza fanghiglia d'autunnoChe spezza ghiaccioli d'invernoChe schizza veleno nell'occhio del cieloChe strizza ferite sul cuor della terra,O poesia nel verso inviolabileTu stringi le forme che dentroMalvive svanivan nel labileGesto vigliacco, nell'ariaSenza respiro, nel varcoIndefinito e desertoDel sogno dispersoNell'orgia senza piacereDell'ebbra fantasia;E mentre ti levi a tacereSulla cagnara di chi legge e scriveSulla malizia di chi lucra e svariaSulla tristezza di chi soffre e accieca,Tu sei cagnara e malizia e tristezzaMa sei la fanfaraChe ritma il cammino,Ma sei la letiziaChe incuora il vicino,Ma sei la certezza
del grande destino,O poesia di sterco e di fiori,Terror della vita, presenza di Dio,O morta e rinataCittadina del mondo catenata
breve analisi e figure retoriche:
nella poesia si nota subito la ripetizione del “che” il quale introduce quattro iperbati:
l’iperbato è quando un segmento di enunciato viene interposto tra due che costituiscono un sintagma, con l’effetto di dargli un maggior rilievo.
nel verso secondo l’iperbato è formato in questo modo: che esalta l’ansietà di primavera
nel verso terzo:che assalta la vittoria dell’estate
nel quarto verso: che divampa speranze nell’occhio del cielo
e nel quinto verso:che conflagra tripudi sul cuor della terra
nel verso secondo terzo quarto e quinto possiamo trovare un climax con i termini:
esalta,assalta,divampa,conflagra:
il climax indica una serie di termini posti in scala in gradazione di intensità crescente o decrescente
in questo caso il climax è a fine verso ed è ascendente
alla fine dei versi quattro e cinque notiamo che “divampa” e “conflagra” sono un espressionismo linguistico cioè questi verbi sono usati in questo caso in modo transitivo ma in realtà sono verbi intransitivi.
Nei versi sette, otto , nove, dieci troviamo un alliterazione con :sguazza, spezza, schizza, strizza.
L’alliterazione è la ripetizione di uno o più fonemi
Questi versi sono anche un climax poiché c’è un’accumulazione di significati.
Alla fine dei versi tredici e quindici riconosciamo una rima
La rima è l’identità fonetica tra due parole diverse dall’accento tonico compreso, dalla vocale tonica compresa.
Al verso sedici troviamo una dittologia cioè sono presenti termini con la “e” …”indefinito e deserto”…
Ai versi 21-22-23-24: cagnara, malizia, tristezza , formano un accumulazione cioè un altro climax.
Il termine “acceca” alla fine del verso 24 rappresenta un altro espressionismo mentre al verso 25 troviamo un’ enumerazione con i termini cagnara malizia e tristezza.
All’inizio dei versi 27-29 “ma sei” forma un anafora
L’anafora è la ripetizione di una o più parole all’inizio di enunciati e di segmenti stessi
I termini certezza e letizia formano un’ alliterazione come i termini rinata e catenata alla fine della poesia.